Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Sicurezza lavoro: osservazioni su fenomeno morti bianche

giovedì 26 febbraio 2009


in allegato il documento in formato pdf

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

09/013/CR/C7

DOCUMENTO DI OSSERVAZIONI DELLE REGIONI SUL FENOMENO DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE COSIDDETTE “MORTI BIANCHE”

Il fondamento della competenza legislativa delle Regioni sulla sicurezza del lavoro

ex art. 117, comma 3, Cost.

In merito all’ipotesi di modificare l’art. 117, comma 3, Cost. nella parte in cui

prevede che sia materia di legislazione concorrente la “tutela e sicurezza del lavoro”,

riconducendo tale materia nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, possono

svolgersi le seguenti considerazioni.

Innanzitutto occorre ricordare che, al di là della determinazione dei principi

fondamentali in materia di legislazione concorrente, lo Stato ha già competenze

legislative esclusive in materia di sicurezza sul lavoro: si tratta di quelle che, in base

all’art. 117, comma 2, Cost., spettano esclusivamente allo Stato sia per quanto attiene

ai riflessi della sicurezza sul lavoro sul contratto di lavoro (ordinamento civile: art.

117, comma 2, lett. l, Cost.) e sulla tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett.

e, Cost.), sia per quanto riguarda il connesso apparato sanzionatorio (ordinamento

penale: art. 117, comma 2, lett. l, Cost.) e la determinazione dei livelli essenziali delle

prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che debbono essere garantiti su tutto il

territorio nazionale (art. 117, comma 2, lett. m, Cost.). Tutto ciò fa sì che, già

attualmente, la legislazione della materia in esame sia e non possa non essere

omogenea in tutto il Paese, come del resto emerge anche dalla disciplina vigente. La

presenza di quei limiti e di quei principi fa sì che la competenza legislativa

concorrente delle Regioni non possa produrre una legislazione in materia

“geograficamente variabile” che sarebbe assolutamente inconcepibile dato il valore

dei beni tutelati.

È evidente che l’eventuale riassegnazione della materia – ovviamente mediante

i meccanismi di revisione costituzionale previsti – alla esclusiva competenza statale

farebbe rivivere la situazione precedente alla riforma costituzionale del Titolo V

della Costituzione (l. cost. n. 3/2001).

Peraltro, la soluzione del problema non può non tenere conto del complessivo

sistema in cui è inserita la tutela della sicurezza dei lavoratori. Tale sistema, non lo si

deve trascurare, è incentrato fin dalla legge n. 833 del 1978 (c.d. riforma sanitaria) sul

principio secondo cui la tutela della salute dei lavoratori costituisce un aspetto

fondamentale della tutela della salute (unificazione della tutela della salute

nell’ambiente naturale di vita e di lavoro).

Tale principio trova il proprio fondamento nello stesso art. 19, comma 1, della

legge n. 833 del 1978 laddove prevede che le Asl “provvedono ad erogare le

prestazioni di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di medicina legale, assicurando

a tutta la popolazione i livelli essenziali di prestazioni sanitarie”. E fondamentale si

rivela, a tale proposito, la definizione delle “attività di prevenzione” contenuta

nell’art. 20 della stessa legge che, fra l’altro, comprendono:

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a) la individuazione, l’accertamento ed il controllo dei fattori di nocività e di

deterioramento negli ambienti di lavoro;

b) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza,

anche a livello di luogo di lavoro e di ambiente di residenza;

c) l’indicazione delle misure idonee all’eliminazione dei fattori di rischio ed al

risanamento di ambienti di lavoro;

d) la formulazione di mappe di rischio con l’obbligo per le aziende di

comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche

tossicologiche ed i possibili effetti sull’uomo e sull’ambiente;

e) la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l’adozione delle misure idonee a

prevenirne l’insorgenza;

f) la verifica della compatibilità di attività produttive con le esigenze di tutela

dell’ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della

popolazione e dei lavoratori interessati.

Riflesso di quel principio e del concetto di prevenzione accolti nella legge del

1978 è il conferimento alle attuali ASL (USL all’epoca dell’emanazione della legge)

delle funzioni di vigilanza in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo

stato di salute dei lavoratori che precedentemente spettavano all’Ispettorato del

lavoro. Funzioni successivamente ribadite dapprima dall’art. 23 del d.lgs. n. 626 del

1994 ed ora dall’art. 13 del recente d.lgs. n. 81 del 2008, in attuazione della delega

conferita dall’art. 1 della legge n. 123 del 2007.

Occorre altresì ricordare che lo stesso d.lgs. n. 81 del 2008 – come risulta del

resto fin dalla stessa sua epigrafe (attuazione dell’art. 1 della legge n. 123 del 2007 in

materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e come si evince

scorrendo il testo delle sue disposizioni – fa espresso riferimento alla tutela della

salute e della sicurezza contestualmente intese: “salute e sicurezza” costituisce

un’endiadi non scindibile, non essendo possibile sganciare il concetto di sicurezza da

quello di salute ed entrambi da quello di “prevenzione”. Il recente decreto legislativo

è quindi perfettamente in sintonia con il sistema inaugurato dalla legge n. 833 del

1978 e che si è successivamente sviluppato con il d.lgs. n. 626 del 1994 in attuazione

della direttiva quadro europea n. 391 del 1989.

La stretta connessione tra tutela dalla salute e tutela della sicurezza dei

lavoratori (che dà fra l’altro il giusto rilievo non solo al tragico problema degli

infortuni sul lavoro, ma anche a quello – spesso misconosciuto, ma non certo meno

drammatico – delle malattie professionali) che emerge nel decreto legislativo del

2008 richiede di essere assolutamente preservata per fornire una risposta globale al

problema della effettiva tutela delle condizioni psico-fisiche dei lavoratori.

Ove mai si riconducesse la tutela della sicurezza dei lavoratori – che, come si è

rilevato, va intesa come “tutela della salute e della sicurezza” degli stessi –

nell’ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato si creerebbe una

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irrazionale e pericolosa asimmetria con la più generale “tutela della salute” che lo

stesso art. 117, comma 3, Cost. attribuisce alla competenza legislativa concorrente tra

Stato e Regioni. Perché mai in materia di salute (in generale) dovrebbero legiferare,

nel rispetto delle rispettive competenze, Stato e Regioni, mentre in materia di salute e

sicurezza del lavoro soltanto lo Stato? E ancora, se si conviene che – come emerge

dal sistema creato dalla legge n. 833 del 1978 – la prevenzione nei luoghi di lavoro

non è e non può non essere che un tassello del più generale sistema della

prevenzione, potrebbe forse concepirsi un assetto differente con diverse competenze

regolative?

Nella disciplina della materia in esame è quindi perfettamente funzionale il

coinvolgimento delle Regioni che, come articolazioni del Servizio sanitario

nazionale, sono depositarie delle competenze in materia di prevenzione (ciò spiega,

fra l’altro, perché la legge n. 833 del 1978 abbia loro assegnato, tramite le ASL, la

vigilanza che, come è noto, costituisce uno strumento essenziale della prevenzione).

Il coinvolgimento delle Regioni, peraltro, non può limitarsi al solo svolgimento delle

funzioni amministrative (come avveniva prima della riforma costituzionale del 2001),

ma deve necessariamente riguardare anche la determinazione delle regole (e, quindi

la funzione legislativa), non essendo pensabile, come già segnalato, differenziare le

fonti di produzioni delle regole per quanto concerne, da un lato, la tutela della salute

e, dall’altro, la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Roma, 26 febbraio 2009

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